Infortunio sul Lavoro da Covid-19: le Responsabilità del Datore di Lavoro

In base al DPCM 26 aprile 2020 n. 6 e alla circolare n. 13/2020 dell’Inail, l’inosservanza delle norme per il contrasto e il contenimento della diffusione del Coronavirus negli ambienti di lavoro potrebbe determinare in capo al datore di lavoro una responsabilità civile e penale. Ciò in quanto il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia che discende, in primo luogo, dall’art. 2087 del codice civile e, in secondo luogo, dal D.Lgs. n. 81/2008 (ossia il Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) che prevede gli interventi da adottare per migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

In particolare, l’art. 42 del Decreto Cura Italia stabilisce che il contagio da Covid-19, se avvenuto “in occasione di lavoro”, è considerato, a tutti gli effetti, infortunio sul lavoro.

infortunio sul lavoro per covid-19

La normativa in questione ha scatenato un acceso dibattito in riferimento ai profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Coronavirus dei lavoratori. Al riguardo, tuttavia, preme precisare che:

  • dal riconoscimento del Covid-19 come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale del datore di lavoro;
  • il decreto Cura Italia non ha introdotto nell’ordinamento alcuna nuova fattispecie di reato a carico degli imprenditori (per l’inosservanza delle norme antinfortunistiche), né ha ampliato l’ambito della responsabilità penale del datore di lavoro.

 

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I protocolli per la sicurezza

 

A fronte di una pandemia mondiale in rapida ascesa, il Governo ha emanato un complesso normativo finalizzato a contenere la diffusione del virus e, di conseguenza, a tutelare la salute umana.

In particolare, si è proceduto in successione:

  • alla sospensione di molte attività produttive;
  • all’emanazione di protocolli di sicurezza anti-contagio per le aziende che non hanno sospeso l’attività lavorativa durante il contagio;
  • alla regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro durante la fase 2 (che ha previsto la riapertura della maggior parte delle attività).

Tali protocolli spaziano dagli obblighi di informazione sulla distanza di sicurezza alla sanificazione degli ambienti aziendali, dagli strumenti di protezione individuale (mascherine ecc.) alla gestione dei lavoratori sintomatici.

Si tratta, in sostanza, di regole precauzionali – conformi alle raccomandazioni fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – finalizzate a contrastare la diffusione di un virus che si trasmette attraverso il contatto diretto tra le persone.

Pertanto, il rispetto delle suddette misure ha lo scopo di tutelare l’integrità fisica dei lavoratori esposti ai rischi del Covid-19 in ambiente lavorativo.

Obblighi del datore di lavoro

In base alle varie normative e ai protocolli per la regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19, il datore di lavoro, in particolare, ha l’obbligo di

  • limitare al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
  • informare i lavoratori sui sistemi di prevenzione e sicurezza adottati in azienda;
  • prevedere le misure di protezione individuale, di igiene e di sanificazione dei luoghi di lavoro;
  • gestire eventuali lavoratori sintomatici;
  • garantire la sorveglianza sanitaria.

L’infortunio da Covid-19

In base all’art. 42, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (cosiddetto decreto Cura Italia), l’infezione da Covid-19 quando avvenuta in “occasione di lavoro” – costituisce un infortunio sul lavoro. Pertanto, secondo la normativa, l’Inail è obbligata ad erogare le prestazioni dovute ai lavoratori assicurati per il danno alla salute ed alla capacità lavorativa, nonché alle famiglie dei lavoratori per la perdita del reddito nell’ipotesi del decesso. La norma stessa stabilisce poi che nessun onere sarà posto a carico delle imprese, nemmeno in termini di aumento di premi assicurativi.

Va precisato che per infortunio sul lavoro si intende ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona oppure vada a menomare parzialmente o totalmente la capacità lavorativa. I presupposti dell’infortunio sul lavoro sono:

  • la lesione;
  • la causa violenta;
  • l‘occasione di lavoro. Quindi è necessario un nesso causale tra il lavoro e il verificarsi del rischio cui può conseguire l’infortunio.

L’infezione, quindi, deve essere contratta nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Va precisato ancora che la qualifica dell’infezione virale da Coronavirus come infortunio sul lavoro rileva soltanto ai fini della sua protezione indennitaria nell’ambito del sistema dell’assicurazione obbligatoria gestita dall’Inail.

Inoltre, come specificato dall’Inail, “dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro”.

La responsabilità penale del datore di lavoro

Nello specifico, il datore di lavoro risponde del reato di lesioni di cui all’art. 590 c.p. oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. (qualora al contagio sia seguita la morte), oltre alla circostanza aggravante della violazione delle norme antinfortunistiche (art. 590, comma 3, c.p.). Con riferimento a quest’ultima aggravante, nei delitti colposi derivanti da infortunio sul lavoro è sufficiente che l’evento dannoso si sia verificato a causa della violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Si precisa che una responsabilità penale del datore di lavoro si potrebbe configurare sempre che si dimostri che il contagio sia avvenuto nel luogo di lavoro (e non in altro luogo frequentato dal dipendente) e che sia conseguenza della mancata adozione di misure di prevenzione e di tutela del lavoratore (quindi che non sia conseguenza di altre patologie cliniche).

Pertanto, la responsabilità penale del datore di lavoro è subordinata alla celebrazione di un processo all’esito del quale si dimostrino i seguenti elementi:

  • che il contagio sia avvenuto all’interno dell’ambiente di lavoro o, comunque, in uno spazio dell’azienda accessibile al lavoratore;
  • che il datore di lavoro non riesca a dimostrare di aver adottato tutte le misure volte a evitare il verificarsi dell’evento lesivo (quindi del contagio) e che vi sia stata una violazione delle norme dettate a tutela della salute e sicurezza sul lavoro (sancite dal D.Lgs. 81/2008 e dalla normativa emergenziale);
  • che sussista un nesso di causalità tra l’evento dannoso (malattia o morte) e la violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro;
  • che l’omissione del datore di lavoro sia imputabile almeno ad una colpa dello stesso. In altre parole, il datore di lavoro non ha proceduto ad adottare idonee cautele atte ad evitare il verificarsi dell’evento, ritenendolo improbabile o sottovalutandone la possibilità di accadimento.

Si comprende, quindi, la difficoltà di dimostrare che le lesioni o la morte, siano dovute da un’infezione da Covid-19 avvenuta proprio negli spazi di lavoro e non al di fuori di essi. Va considerato, inoltre, che il tempo di incubazione del virus (cioè il periodo di tempo che intercorre tra il contagio ed il manifestarsi dei sintomi) può essere superiore a 14 giorni. Di conseguenza, risulta estremamente difficile provare che il lavoratore possa aver contratto il virus proprio all’interno della sede di lavoro.

Considerata la virulenza della malattia, infatti, non si escludono altre possibili cause di contagio quali, ad esempio, la vicinanza ad altre persone positive in luoghi come supermercati, mezzi di trasporto pubblico oppure che il virus sia stato contratto da familiari conviventi (a loro volta contagiati).

Per esimersi da ogni responsabilità, il datore di lavoro deve dimostrare solo di aver adottato tutte le misure previste dalla legge oppure che il dipendente non abbia osservato le precauzioni imposte (come, ad esempio, l’uso dei guanti e della mascherina, la distanza di un metro, ecc.).

Appare, quindi, molto difficile per il lavoratore fornire la prova al di là di ogni ragionevole dubbio.

La responsabilità civile del datore di lavoro

In merito alla responsabilità civile, vanno menzionati innanzitutto i seguenti articoli:

  • l’art. 2087 del codice civile che impone al datore di lavoro di adottare le misure atte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro;
  • l’ 2049 del codice civile che sancisce la responsabilità del datore di lavoro anche quando l’omissione delle misure di sicurezza è stata direttamente effettuata da altri soggetti da lui incaricati per svolgere le mansioni a lui assegnate (ad esempio dal preposto).

L’eventuale contagio da Coronavirus all’interno del luogo di lavoro non esenta il datore di lavoro dal risarcimento del danno anche in sede civilistica, ai sensi dell’art. 2043 codice civile. Anche il tal caso, il danneggiato (cioè il lavoratore) deve provare il nesso di causalità fra l’evento dannoso di cui chiede il risarcimento e la condotta attiva o omissiva del datore di lavoro.

Copertura assicurativa Inail

La circolare n. 13/2020 dell’Inail chiarisce che in linea generale “Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo Coronavirus. A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, ecc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari”.

Va precisato che l’assenza dal lavoro per quarantena o isolamento domiciliare è considerata come periodo di inabilità temporanea assoluta.

L’assicurazione Inail, inoltre, vale anche in caso di infortunio in itinere, in cui rientrano gli incidenti da circolazione stradale per raggiungere il posto di lavoro (indipendentemente dal mezzo utilizzato), ed i contagi avvenuti durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro.

Conclusioni

L’infezione da Covid-19 (come altre patologie infettive, come ad esempio l’epatite, la brucellosi, l’Aids o il tetano) è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio. Ne consegue, quindi, che la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino non subito ma dopo un certo lasso di tempo.

Dall’accertamento dell’infezione da Covid-19 come infortunio sul lavoro non deriva, però, automaticamente la responsabilità civile e penale del datore di lavoro.

La suddetta responsabilità, infatti, è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza da Coronavirus si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governative e regionali. Dette responsabilità devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa del datore di lavoro.

Pertanto, “il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso”.

La previsione normativa, perciò, ha solamente esteso l’ambito di erogazione dell’indennizzo Inail, non potendosi pertanto confondere i presupposti per l’erogazione di detto indennizzo con quelli per la responsabilità del datore di lavoro.

Alla luce di quanto detto finora, si può concludere che i dubbi e i timori emersi in seguito all’introduzione dell’infortunio da Covid-19 sono prive di fondamento, sia con riferimento all’automatismo del riconoscimento di tale infortunio in sede indennitaria Inail sia con riferimento all’ampliamento della responsabilità penale del datore di lavoro per inosservanza delle norme antinfortunistiche.

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